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Avete sentito parlare di Ai-Thermometer?

La prendo un po’ alla larga. Covid-19 sta portando al pettine molti nodi. Se devo pensare a un modo concreto per cui “non saremo più come prima” (frase che ormai è diventato il tormentone del lockdown), penso alle domande che ci stiamo ponendo e che ci porremo nel prossimo futuro.

È vero, con tutta probabilità cambieranno molte abitudini e atteggiamenti sociali, ma penso che il vero cambiamento dentro di noi sarà una maggiore predisposizione a interrogarci: spirito critico (per gli ottimisti), sospetto (per i pessimisti).

In realtà, ci stiamo ponendo molte più domande di prima, anche su molti aspetti con cui poco tempo fa convivevamo in una tranquilla indifferenza. Che cosa ho toccato? A che distanza sono da quella persona? Che sarà mai questa tosse?

Alcune domande toccano la sfera tecnologica. La vicenda dell’app di tracciamento sociale dimostra, tra le altre cose, che una parte della popolazione si chiede se è opportuno affidare consapevolmente ad altri i propri dati sensibili. È il timore (legittimo? esagerato?) di essere sorvegliati.

Ma stiamo in un campo più neutro, torniamo ad Ai-Thermometer.

AI-thermometer: dati umani?

Questo software è in grado di monitorare “a distanza” lo stato di salute dei lavoratori, e dei cittadini in generale. Una “termocamera” aumentata. Un aiuto tecnologico nella fase 2, quella della lenta ripresa dopo il lockdown.

Gli sviluppatori garantiscono che è a prova di privacy: nessun contatto, nessuna intrusione nei dati nominali, nessuna profilazione. In ogni caso, sarà perché in questa occasione è il nostro corpo a essere seguito e scandagliato, a qualcuno potrebbe suscitare la sensazione di essere controllato, spiato a distanza.

Diciamo la verità, in quanto iper-connessi, siamo già iper-controllati. Ma questa faccenda della pandemia non comporterà davvero un’accelerazione nella sofisticatezza della raccolta dei “dati umani”? E anche se siamo digital addicted e inguaribili ottimisti, un po’ dobbiamo preoccuparci? 

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Fonte: www.ansa.it